“Introduzione alla rivoluzione informatica in architettura” del Prof. Antonino Saggio, ottimo testo per riflettere e iniziare a comprendere le trasformazioni, o meglio, se vogliamo, le rivoluzioni che stanno attraversando la nostra epoca.
Il libro si presta ad una lettura sia sequenziale che “a salto”, a rete, quasi fosse una pagina web, gli argomenti trattati e le considerazioni dell’autore sono interconnesse tra loro, secondo una trama che attraversa l’intero scritto, portando il lettore passo passo o catapultandolo improvvisamente nella rivoluzione informatica in atto.
Il concetto della centralità del ruolo dell’informazione è affiancato al cambiamento di visione nella progettazione, passando da uno schema lineare “if..then” ad uno non lineare “what.. if”, reso possibile dall’utilizzo del computer e delle sue potenzialità di calcolo che permettono la gestione di migliaia di informazioni tra loro interconnesse. Passiamo così da un modello induttivo, funzionale, in cui “le parti di un progetto funzionavano quando si trovavano in un’ottimale sequenza e in un corretto dimensionamento reciproco” ad uno deduttivo, in un processo “dall’alto verso il basso”.
Le potenzialità dell’informatica trovano a mio avviso applicazione oltre che nella progettazione architettonica, anche in quella strutturale, ove la possibilità di generare un numero elevato di “modelli” della struttura reale, consente la simulazione del comportamento della stessa quando viene sottoposta a sollecitazioni di varia natura (vento, sisma, effetti termici, accidentali…). In questo campo il computer si dimostra imbattibile in quanto a potenza e velocità di calcolo, consentendo al progettista strutturale, (che in una prima fase dovrebbe coincidere con la figura stessa dell’architetto), di dimostrare sin da subito la coerenza del progetto e la sua realizzabilità. La possibilità di combinare tra loro le varie informazioni, consente la verifica in “tempo reale” delle soluzioni e delle scelte progettuali adottate; proprio il tempo (la famosa quarta dimensione), assume una nuova centralità ed un nuovo significato, al pari dello spazio. Risulta infatti quasi impossibile, nella nuova visione, parlare di spazio e di tempo separatamente.
Un’opera architettonica viene pensata, progettata, costruita e vissuta, nella sua dimensione temporale e spaziale contemporaneamente, dando luogo a scenari diversi a seconda della posizione o del tempo dell’osservatore. Interessante il parallelo dello spazio tempo in Flatlandia e della osservazione sulla cognizione delle figure nel piano: se infatti il colore potrebbe non risultare strettamente necessario alla identificazione della figura, essendo sufficiente “circumnavigarla” (in una dimensione spazio-temporale), si deve aggiungere che questa circumnavigazione deve avvenire a distanza dall’oggetto strettamente costante, non potendosi distinguere in un piano i punti di cuspide o di variazione di curvatura a distanza non costante, come avviene nel mondo tridimensionale, dove la distorsione prospettica ci viene in soccorso. Altra osservazione potrebbe essere fatta sulla consapevolezza o meglio sull’intuizione dell’esistenza di uno spazio con una dimensione in più rispetto a quello che stiamo considerando. Se è vero che l’espandersi ed il contrarsi della circonferenza potrebbe far supporre l’esistenza di una sfera che si muove e trasla in senso perpendicolare al piano, lo stesso fenomeno potrebbe essere semplicemente causato da un espandersi o contrarsi della circonferenza per altre cause. Da qui osservo la difficoltà di immaginare o modellare spazi a più dimensioni se si rimane ancorati alla visualizzazione del mondo in cui viviamo.
La ricerca di nuove dimensioni ha una sua ragion d’essere, un suo parallelo, nella ricerca delle nuove forme dell’architettura contemporanea, nel processo progettuale, dove l’informazione assume ruolo centrale e dominante, dove la rete e le interconnessioni, hanno sostituito lo schema di progettazione sequenziale, ormai relegato al passato millennio. Certo, i concetti di spazio e di tempo, sono forse i più difficili con cui l’umanità abbia dovuto confrontarsi, la definizione stessa di spazio nelle moderne teorie (parlo dello spazio-tempo galileiano), assume la definizione di “fibrato”, in cui non vi è alcuna identificazione puntale tra una fibra e la successiva, anche se le fibre sono un unico tutto connesso, poiché ciascun punto dello spazio, non può essere lo stesso punto scelto in un istante precedente. In realtà assegnare una connessione tra i fibrati è una condizione molto forte, e diversa è la definizione quando ci spostiamo in uno spazio dinamico Galilei-Newton, dove il moto inerziale di una particella viene descritto dalla linea d’universo in termini di spazio-tempo e gli spazi diventano affini, ma ciò esula dal presente discorso.
Non posso che condividere il significato che la parola informazione assume all’interno dell’opera architettonica, supportata dalle nuove tecnologie di automazione o BMS, dove l’informatica regna sovrana nell’esaudire i desideri dell’utilizzatore e oserei dire, nel crearne di nuovi e diversificati, spaziando dalla percezione dello spazio a quella multisensoriale, sino ad arrivare alla integrazione totale delle comunicazioni all’interno e verso l’esterno, interfacciando dispositivi ed apparati che nel passato erano completamente slegati tra loro.
L’informazione assume così un ruolo centrale e fondamentale nella progettazione e nella evoluzione dell’architettura, partendo da una sfida derivante dalla “crisi” cui si tratta nella prima parte del libro, per arrivare a nuove metodologie di progettazione e di gestione dell’intero processo creativo, compositivo, strutturale economico, con applicazioni sino a pochi anni fa impensabili.